La luce del sole passa a quadretti tra le maglie delle griglie arse e impolverate che recingono i cantieri della nostra città.

Accade da molto. Da talmente tanto tempo che la gente ormai si è abituata a convivere con i crateri di lavori mai conclusi, fermi o che vanno a rilento. Non ci fa più caso: per rassegnazione, per impotenza, perché i problemi, ora, sono altri e si conoscono.

Queste visioni appartengono ormai ad un immaginario collettivo, come se la città dovesse essere così, come se quello dovesse essere il suo giusto disegno, frutto di chissà quale eccelso pensiero.

Nel salotto buono della città, il cantiere della copertura del Torrente San Francesco la fa da padrone primeggiando tra le opere incompiute.


Inadempienze e criticità della ditta costruttrice andavano rilevate con più tempismo per poter ricorrere, da subito, alla risoluzione del contratto come prevede il tanto criticato codice degli appalti.
Lo si è fatto in ritardo, come in ritardo si è recentemente assegnata la progettazione esecutiva delle porzioni di lotto rimanenti.
A quando quindi la gara per l’assegnazione dei lavori? A quando la partenza degli stessi?Sono previsti tempi ancora lunghi.

Nell’attesa, solo brutture e ritardi, ormai incalcolabili, in un punto nevralgico della città, recentemente ingentilito da un effimero tunnel verde sotto cui prendere l’ombra.

Dopo aver visto le differenti colorazioni del granito sardo e l’errato disegno delle ringhiere con cui si è completato il parapetto della passeggiata a soli 20 mesi dalla mareggiata che lo ha distrutto.
Dopo aver visto un inguardabile gigantesco tubo nero, che, in piena stagione turistica, fa sfoggio di se provenendo dagli impianti del depuratore.

Il depuratore. Questa tanto attesa infrastruttura che, annunciato da paratie arrugginite infisse da tempo sul letto del Boate, fa cenno della sua presenza, con una ciminiera inclinata, vicino alle prime buche del golf.
Quanto mancherà ancora alla sua ultimazione, non si sa.
Si conosce però il suo fine lavori ipotizzato, che era previsto per il Giugno 2019.

Bisognerebbe interpellare IREN, o sollecitarla, in quanto opera progettata, finanziata e costruita in toto da questo Ente e non dal Comune a cui vanno le responsabilità, insieme a Regione e al tempo esistente Provincia, di aver individuato, in allora, un’area per la sua edificazione e in oggi di non pretendere tempi certi per il completamento delle opere.

Non poco distante, tornano a farci compagnia quelle griglie di cui si parlava: Via Diaz, Piazza Cile, il piazzale del Macera offrono all’osservatore, gli ingombri dei crateri di cantieri fermi per la realizzazione dei nuovi collettori fognari, sempre a carico di IREN.
Solo qualche sporadica presenza di manovalanza, ma per lo più disagi alla circolazione e alla sosta dei residenti e degli utenti tutti, per le decine di parcheggi tolti dalla dotazione di stalli per la sosta.
E pensare che il termine lavori era stato fissato, anche qui, per il 29 agosto del 2019!

E pensare che questi cantieri, in quanto connessi ad un servizio di pubblica utilità, si sarebbero potuti attivare anche durante il periodo del lockdown, con una specifica e preventiva comunicazione alla Prefettura, così come consentito da uno dei tanti Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri a cui nei mesi scorsi ci siamo abituati.
Per inciso, è la stessa critica che oggi si fa ad Autostrade che non ha lavorato durante il periodo di blocco totale e che ora sta mettendo in ginocchio l’intera Liguria e non solo, con le centinaia di cantieri avviati con urgenza.

In questo panorama indefinito del layout cittadino, si sono recentemente innestate le dichiarazioni politiche dell’esistenza, seppur in embrione, di due grandi progetti, di iniziativa privata, per la nostra città.

Mi riferisco a proposte per il ripensamento del Polo sportivo della Piscina di San Pietro e del Poggiolino e della sopraelevazione del campo Macera con la creazione di spazi per parcheggio, piazze con verde pubblico e locali per il commercio.

Il commento più frequente che si è raccolto in città e qui riproposto il più elegantemente possibile, è stato: “mettiamo prima a posto tutto quello che c’è all’aria e poi vediamo”.
In effetti, come dare torto a questo sentire comune.

Per mentalità, per deformazione professionale, penso però che parlare e sviluppare progetti di quella portata, che hanno tempo di maturazione di anni, sia assolutamente necessario perché non si possono poi commettere errori.
Non si può dar via ai lavori neanche con la più piccola incertezza.
Non si può correre il rischio di nuovi e più grandi crateri che rischierebbero di diventare ferite non più rimarginabili nel tessuto urbano, in una parte di città già di per se poco considerata da chiamarsi comunemente la Rapallo di serie B, quella oltre il ponte della ferrovia.
Le valutazioni vanno fatte considerando certamente il progetto, ma anche la solidità dell’operatore, il business plan, il contenuto delle convenzioni tra le parti, le fideiussioni.

Ben vengano però, i grandi progetti che potrebbero essere agevolati dall’attuale congiuntura storica in cui, probabilmente, potranno essere disponibili ingenti risorse economiche europee in una fase di collettiva sospensione del Patto di Stabilità che tante limitazioni ha creato.

Io sono favorevole a queste proposte che, se di qualità, possono trasformare e fare crescere pezzi di città senza quella pesante ombra che il neologismo rapallizzazione ha gettato e continua a gettare nel tessuto urbano.

Penso però che si debba aprire un dibattito con la città, un confronto ed un contraddittorio con tutte le categorie interessate e coinvolte siano esse di semplici cittadini, di commercianti, di operatori in genere, oltre chiaramente a costruire tutte le tutele possibili in favore della collettività.

Il promotore privato, fondamentalmente, persegue un obiettivo economico, un tornaconto finanziario a cui cerca di tendere proponendo anche un interesse pubblico.
Quindi il rapporto di partenariato pubblico e privato va costruito, certamente, salvaguardando però i diritti e gli interessi dei cittadini: prima di tutto e sapendo dire anche dei no.

La convocazione degli “Stati generali” a cui l’Amministrazione tempo fa aveva accennato potrebbe essere un momento significativo per porre le basi di questi necessari ragionamenti e coinvolgimenti.
Si erano ipotizzati a giugno di quest’anno, in cui gli studi dell’architetto Michele De Lucchi, a cui l’Amministrazione aveva conferito incarico per individuare priorità strategiche, si sarebbero potuti svelare.

Ma il mondo in questi mesi è controvoglia cambiato.

La speranza per questo tipo d’incontro rimane viva: per la voglia di sognare, per la voglia di bello che è in ciascuno di noi, per attaccamento alla condivisione.
Perché il confronto aperto è l’unica strada che possa sviluppare l’emancipazione delle coscienze  in grado di condurre al giusto, all’equilibrato, al differente.

Solo una coscienza dissetata della necessità di una libera riflessione potrà produrre risultati. Una coscienza vinta dai sentimenti subdoli che conducono al timore di essere obiettivi o alla facilità della convenienza al disinteresse, fa rimanere fermi e piccoli.