Da sempre amici e parenti che vivono lontano da qui mi chiedono se Rapallo sia un paese o una città. La mia risposta a questa domanda è però sempre la stessa: “è una cittadina!” Perché tutti noi rapallini siamo abituati a definirla così.
Infatti diciamo: è una cittadina perché non è un piccolo paese ma nemmeno è una città ovvero un esteso centro urbano con all’interno un fervente mondo economico, culturale, amministrativo e politico.

Ma a pensarci bene…. Vi siete mai chiesti cosa sia davvero una cittadina? Che differenze ci sono realmente con il “paese” e con la “città”?
Ma soprattutto…. Rapallo è davvero una cittadina?

Il dizionario definisce cittadinaun centro abitato di dimensioni piuttosto contenute ma dotato di un certo rilievo amministrativo o culturale”.
Le locuzioni usate per tale definizione indicano la presenza di alcuni fattori determinanti per determinare il paese, la cittadina e la città oltre a stabilire le differenze fra le tre, ovvero:

  • Le dimensioni (vastità del territorio, numero di abitanti)
  • La presenza di strutture amministrative (in senso lato: organi territoriali dello Stato, sedi di imprese, aziende, servizi pubblici)
  • La presenza di attività Culturali di rilievo ed autonome (Partiti politici, associazioni culturali, volontariato, assistenza alla cittadinanza).

In altre fonti si trovano definizioni un po’ più precise come ad esempio il range di abitanti entro il quale un luogo è paese (o borgo) oppure cittadina e infine città:

  • L’Istituto Enciclopedico Italiano anni fa indicava una forchetta tra i 10.000 ed i 50.000 residenti sotto il quale vi era un borgo e sopra una città.
  • Il TUEL (testo unico degli enti locali) pone un’asticella a 15.000 abitanti per definire quale procedura elettorale debba essere applicata per i comuni più grandi e più piccoli e al suo interno definisce le dimensioni dei consigli comunali in base agli abitanti dunque da n.12 a n.60 a seconda del numero dei residenti.

Dunque Rapallo da tale punto di vista come si può classificare?

Secondo l’ISTAT conta 29.030 abitanti (dati 2022) in un territorio di 33,61 Km2, dunque un buon numero di persone compresse in uno spazio non certo grande.
Il numero degli abitanti rende applicabile la normativa elettorale riservata ai comuni superiori ai 15.000 residenti, tuttavia, non superando i 30.000, i consiglieri sono solo 20 e non 30.

Bisogna poi sottolineare che nelle liste elettorali relative alle scorse elezioni fossero iscritti 28.651 aventi diritto al voto (prego notare l’incredibilmente esiguo numero di infra-diciottenni che qui vi abitano…) ma che solo 16.316 si sono effettivamente presentati alle urne per esprimere un voto.
…A titolo di cronaca si segnala pure che… di quei 16mila e passa votanti solo 3.589 cittadini hanno indicato liste diverse da quelle dell’attuale sindaco.
A prima vista la cosa può non sembrare importante per l’economia di questo articolo ma, come vedremo, anche tale aspetto pesa parecchio sulla sua definizione finale.

Dal punto di vista delle strutture amministrative, oltre a quelle comunali e di polizia locale, sono presenti sul territorio alcune istituzioni che la legge riserva solo ai centri più importanti per diverse ragioni (es. commissariato di Polizia), inoltre in ambito servizi e trasporti Rapallo è la sesta stazione ferroviaria della Liguria per importanza e possiede pure un servizio di battelli piuttosto capillare e funzionale. Però le aziende sul territorio sono poche e di dimensioni piuttosto esigue, soprattutto quelle non legate al turismo.


Ma è dal punto di vista dell’autonomia e della rilevanza delle sue infrastrutture culturali che Rapallo cede il passo un po’ a tutti non essendo quasi mai stata in grado di esprimere un movimento od istituzione sganciata dalle maggioranze politiche che da sempre l’hanno contraddistinta.

In un precedente articolo qui su PiazzaCavour si è già analizzato come a Chiavari la cultura rivesta una parte fondamentale della vita pubblica e come la Società Economica ed altre associazioni siano storicamente espressioni di cittadini non legati alle maggioranze comunali.
A Rapallo invece il referente principale delle attività ed associazioni culturali più grandi e rappresentative (dal volontariato a tutto il resto della vita associativa) è senza dubbio l’area di governo locale nonostante in passato avesse avuto importanti occasioni per sviluppare una certa autonomia di pensiero, grazie soprattutto ad una presenza di intellettuali illuminati che la abitarono e frequentarono assiduamente.

Ma in realtà la politica cittadina ha da sempre fagocitato e gestito tutto… e nemmeno quegli intellettuali hanno attenuato il fenomeno.
Si pensi ad esempio al Prof. Berri, che per lunghi anni oltre che dirigere l’Ospedale fu soprattutto un organizzatore culturale, scrittore e musicologo di certo non catalogabile tra i paladini della maggioranza degli elettori. Eppure anche lui si arrese contro lo strapotere di una politica vorace e impossibile da combattere, ponendo fine alle sue benemerite attività.

Ed in una città così controllata dalla politica, ironia della sorte, neppure nelle sedi dei partiti oggi si fa più cultura. Ormai qui contano di più i singoli bacini di voti trasversali e le alleanze di comodo lontane dai partiti tradizionali e dalle ideologie… e Rapallo crediamo sia un fulgido esempio di come si possa governare “in eterno” richiamandosi ad un partito solo ed esclusivamente per il tempo necessario di una elezione.

Purtroppo però un atteggiamento del genere che rifiuta le idee, la loro crescita e ne limita la diffusione produce una sostanziale irrilevanza socio-culturale della città, con conseguente abbandono del proprio patrimonio intellettuale in favore di un “facile” presente.
Pertanto visto che, se non di cultura di qualcosa bisogna pur vivere, ci si è trasformati in un asettico contenitore di turisti non selezionati oltre ad un pratico “hub logistico”, un punto di partenza per permettere ai turisti stessi di visitare e vivere le altre città del comprensorio con una ferrovia funzionale, un servizio di battelli capillare e un costo di alberghi e di case (per vacanze o seconde case) inferiore a quelli delle destinazioni liguri veramente amate dai turisti.
Le presenze estive ci sono e sono pure numeri importanti ma questi non assegnano alcun bonus culturale e nemmeno l’appellativo di perla del turismo.
E finite le vacanze a Rapallo non rimane che una lunga attesa dell’estate successiva, non avendo di meglio da proporre ai cittadini (e non solo ai turisti) in autunno ed inverno.

Ecco quindi che avendo velocemente analizzato i tre fattori che definiscono un luogo come paese, cittadina o città (dimensioni, strutture amministrative/Servizi, imprese e attività culturali) la conclusione che possiamo trarre è la seguente:

  • Rapallo non è definibile una città da tutti i punti di vista
  • Non è altresì definibile come paese per motivi di estensione e di numero di abitanti
  • Non è però nemmeno tranquillamente definibile come una cittadina visto che pur soddisfacendo i criteri dimensionali e avendo a disposizione talune strutture amministrative idonee a tale classificazione non possiede molte imprese di livello, ha un consiglio comunale non certo florido (se pur per poco) ma soprattutto non si ravvisano le caratteristiche culturali e sociali tipiche di una media città, ovvero quel certo rilievo culturale di cui alla nostra definizione di apertura.
    In fondo, a riprova di quanto fin qui detto, nella giunta attuale nemmeno esiste l’Assessorato alla Cultura!

Probabilmente occorre coniare per Rapallo un genere di luogo nuovo od adottarne uno esistente che la rappresenti al meglio.
Io propongo il lemma “Paesone” ovvero una comunità ed un territorio sufficientemente grandi per non essere considerato borgo o paese ma non abbastanza importanti per poter crescere, modificarsi e prosperare in autonomia senza l’assillante e ubiquo fiato sul collo della politica, la stessa ed identica politica che lo governa da sempre.