Non sorprende la decisione di Regione Liguria di concedere ai privati parte del complesso ospedaliero Nostra Signora di Montallegro.

Non sorprende perché è una cantilena che va avanti da molto tempo, perché è una decisione già annunciata, perché è il medesimo destino cui sono state già assegnate altre strutture simili in regione.

Non sorprende perché va nella direzione di quel modello Lombardia tanto sbandierato sia a Genova sia in città e che ha fallito (e non soltanto) nella prova più dura della pandemia.

Non sorprende nemmeno l’eco assordante del fragoroso balletto dei silenzi senza diretta social. Quello prima delle elezioni, perfetto nella sua esecuzione. E quello dopo le elezioni, per la verità rotto da un comunicato a difesa giunto ventiquattro ore dopo l’annuncio, un tempo che avrebbe rivelato un aritmico ticchettio di imbarazzo persino nella lenta Prima Repubblica.

Non sorprende perché arriva dopo cinque anni di assoluto silenzio (ancora?!) da parte dei molti difensori che nei anni precedenti (quando alla guida della Regione c’erano altri colori) ne chiedevano il potenziamento a gran voce lungo interminabili consigli comunali. Allora erano urlati, oggi, a parte alcuni spunti, sono spenti.

E non sorprende neppure la sovrapposizione di questa decisione con la fase emergenziale che stiamo vivendo. Anche se l’una non c’entra con l’altra; anche se la fine dell’emergenza è lontana; anche se è un atto distante dalle comuni preoccupazioni (che non riguardano solo l’epidemia, ma che guardano anche al pauroso rallentamento della normale attività sanitaria). Come se dalla pandemia non dovessimo trarre alcuna lezione per il futuro. No, non siamo stupiti.

Nulla sorprende più oramai. Neppure leggere che in città, che sul piatto ha messo dei soldi  pubblici per la realizzazione di quei muri, non se ne sapesse nulla; e neppure veder rimessi in gioco fantomatici pronto soccorso di cui ne abbiamo sentito – sempre, solo e chissà ancora per quanto – parlare.