Consonanti, vocali, alcuni numeri e ancora lettere.
Non un cruciverba ma la sequenza di colore nero, in rilievo su fondo bianco, che costituisce la cifra delle targhe delle auto parcheggiate nel piazzale delle Clarisse: il piazzale Josemaría Escrivá.

Forse una trentina di macchine, ma tanto basta a svilire uno spazio urbano su cui si stagliano le ombre del complesso delle Clarisse: nato monastero nel 1600, poi diventato caserma, poi ancora deposito di imbarcazioni, poi scuola elementare, infine auditorium e museo oggi.

Cuce il volume alla piazza, un porticato, con pianta a elle, che nel tempo ha accolto il camminare di monache, di militari, di pescatori, di scolaretti.

Ora, questo porticato, copre sporadicamente l’attesa prima di entrare a Teatro ed al Museo, oltre ad essere ventre protettivo di gruppi di ragazzi adolescenti in cerca di rifugio e intimità.
Sul pavimento, in piastrelle chiavarine, cicche di sigaretta e, a volte, cocci aguzzi di bottiglia … ma non quelli delle poesie di Eugenio Montale.

Se da un lato il porticato offre la vista di uno spazio aperto, seppure conquistato dagli ingombri delle auto in sosta, dall’altro appare all’osservatore un severo ed imponente muro con gli ingressi al Teatro Auditorium ed al Museo Attilio e Cleofe Gaffoglio, con al di sopra di essi un ordine minore di finestre.

Tutto appare chiuso, impenetrabile, respingente.

Si sa che il periodo che stiamo vivendo non ha certo aiutato e non sta aiutando la vivibilità degli spazi collettivi, ma al netto di questa limitazione occorre una riflessione su quanto sia stato fatto nel tempo per promuoverne la frequentazione.

Il Teatro delle Clarisse può chiamarsi così dal 2012, quando l’amministrazione Costa perfezionò la pratica per ottenere dai Vigli del Fuoco l’autorizzazione ad ospitare rappresentazioni teatrali con pubblico.
Prima di allora quello spazio veniva classificato solo come Auditorium con forti limitazioni al suo uso.

Da allora continua ad essere però utilizzato in modo occasionale, per qualche incontro pubblico e qualche rappresentazione teatrale.

Non è mai stata promossa nessuna azione per concederne in uso lo spazio ad associazioni a compagnie teatrali che avrebbero potuto assicurare corsi di teatro per la cittadinanza, manifestazioni, una manutenzione ordinaria dell’intera struttura, una vera stagione teatrale ospitando altre compagnie come fa ad esempio il Teatro di Cicagna che, nonostante la sua ubicazione nella Val Fontanabuona, offre eccellenti iniziative alla collettività del luogo pubblicizzandole con un ottimo sito web dedicato.

Qui invece si è preferito non fare la più basica manutenzione, tenendo ad esempio il sipario rotto per diverso tempo.

Poco lontano, il Museo Attilio e Cleofe Gaffoglio con ingresso dal porticato e sviluppato su due piani, accoglie vari oggetti d’arte databili tra il XIV e il XX secolo, collezionati dai due coniugi nell’arco di una vita e generosamente donati al Comune di Rapallo nel 2000.

Senza entrare nel merito del valore artistico delle collezioni, che comunque riesco ad apprezzare con tutti i limiti della mia conoscenza, vale la pena ricordare come il Museo sia stato oggetto, nel settembre del 2019, di un severo richiamo da parte della Soprintendenza.

In occasione di un sopralluogo al Museo Gaffoglio ed al vicino Museo del Merletto, i funzionari dell’Ente avevano riscontrato muffa, umidità, parassiti, sfarinature di pareti, deumidificatore non funzionante, comunicando quindi al Comune l’inottemperanza degli obblighi conservativi.

Da qui una ingiunzione ad intervenire, recepita dal Comune di Rapallo nel Gennaio 2020 con un conseguente impegno di spesa di 33 mila euro per ovviare a quanto lamentato.

Le pagine, sul sito web comunale, dedicate ai due Musei, riportano che gli stessi sono oggi chiusi non per l’emergenza pandemica che tutti stiamo vivendo, ma per la esecuzione dei suddetti interventi di disinfezione, dopo ben quasi un anno dalla predetta deliberazione, a seguito dei quali potranno essere riaperti al pubblico.

Non proprio un grande livello di attenzione, può dirsi quindi, per le strutture museali del nostro Comune in un momento in cui altre realtà propongono invece visite virtuali dei loro contenitori espositivi.
Modalità questa che ben si presterebbe alla punta di diamante del nostro sistema museale: il suggestivo spazio del Castello sul Mare che ha anche ospitato mostre importanti come quella del 2006, voluta dall’Amministrazione Capurro, dal titolo: “L’Italia quotidiana tra De Pisis e de Chirico. Dipinti dagli anni Venti agli anni Quaranta della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma”, totalizzando oltre 10.000 ingressi a pagamento.

Recentemente il Castello ha resistito alla mareggiata del 2018, è stato inaccessibile per più di un anno a causa di un incidente avvenuto sulla sua scogliera di protezione ed ora lo è per l’emergenza sanitaria.
Sarà in futuro ancora più solo perché non potrà più contare sulla compagnia dei membri dell’associazione “Amici del Castello” che, dopo l’intervento alla copertura del Torrente San Francesco, sono tornati in possesso del proprio lembo di spiaggia su cui si riunivano e sistemavano le barche, rappresentando un caratteristico ed ordinato luogo ben radicato nell’immaginario collettivo.

Amici, quelli del Castello, che a malincuore hanno preferito rinunciare alla concessione demaniale perchè il nuovo spazio a loro restituito dal Comune è di gran lunga diverso dall’originale in quanto poco più di un ammasso di sabbia e scogli mal posti, il tutto vincibile anche dalla più debole delle mareggiate.
Come se non bastasse nel frattempo è sopravvenuta la proposta di portare il pagamento minimo delle concessioni demaniali a 2500 euro che per una associazione no profit come questa costituiscono una cifra importante.

Con l’augurio che l’Amministrazione possa trovare una soluzione per rinnovare la bellezza di quel lembo di passeggiata e restituire gioia e convivialità agli Amici del Castello, riprendo a scrivere sugli argomenti iniziali di questo mio scritto.

L’ex Monastero delle Clarisse ed il suo spazio esterno.

Come sempre si desiderano proporre, da queste pagine, oltre ad una osservazione severa delle realtà locali e non solo, anche spunti, riflessioni, visioni a vantaggio della nostra collettività e dei suoi ospiti.

La parte propositiva che questo articolo prova a diffondere è rappresentata dall’idea che vede l’ex Monastero delle Clarisse come grande contenitore di funzioni ed attrattore di utenti.
Idea, che dovrebbe passare da una rivisitazione del Museo Gaffoglio insieme ad altre riflessioni sull’intero sistema museale locale.

Se il Museo venisse lasciato in loco, i suoi spazi potrebbero essere ottimizzati per liberarne la porzione al piano terra che dialoga con il porticato, dedicando la stessa ad altre attività.
Tutta la sequenza di ambienti prospicienti il portico stesso potrebbe ospitare un nuovo mix funzionale costituito sicuramente dal Teatro, dato in concessione e reso più permeabile e nobile, da spazi aggregativi quali bar e locali di ristorazione, da attività artigianali, dallo spazio, ad esempio, di una nuova e più centrale biblioteca con ricchezza di libri ed in grado di essere collegata on line con il mondo.

Le funzioni dette, oltre a valorizzare la vitalità del porticato da dotarsi di una nuova illuminazione, donerebbero soprattutto vita allo spazio pubblico antistante che dovrebbe essere nobilitato impedendone l’accesso alle auto.

Queste potrebbero trovare sistemazioni nell’area della vicina Via Baisi sulla quale è pendente, ormai da troppo tempo, il progetto di un operatore privato per un parcheggio in struttura e a raso sul quale, in base a precisa convenzione, il Comune potrà vantare diritti su box in proprietà e spazi aperti per parcheggio pubblico.

Chiudete gli occhi per un attimo e provate ad immaginare questo nuovo spazio delle Clarisse, come una piacevole ansa da raggiungere staccandosi dal fluire del camminare monotono sul marciapiede opposto della passeggiata.

Un nuovo spazio piazza equilibrato, ben pavimentato con arenaria nella quale possano trovare sede le trame dei giochi della tradizione, con pochi ingombri, con il giusto verde, con sedute per il riposo e la socialità, con luci alte per gli spazi ampi e luci basse quali accento su zone più minute o su percorsi suggeriti, per poi fruire del dinamico porticato e dei nuovi spazi dell’ex Monastero: nuovi, vibranti, vivi, socializzanti tutte le fasce d’età.

Sarebbe un bel regalo alla Città, ai suoi abitanti ed ai suoi ospiti.
Sarebbe un modo per ristorare i sacrifici e le fatiche di ciascuno di noi che, in modo diverso, abbiamo affrontato le difficoltà di questa pandemia … ed ancora lo stiamo facendo.

Amministrare per me è anche questo.
Uscirne insieme, premiare la comunità, creare benessere sociale, essere Padre e Madre di Famiglia ove la Famiglia è tutta la Città che potrà ancora con più vigore affrontare il futuro, donare qualcosa alle giovani generazioni che ben poco hanno in loco e si … portarsi poi ancora a casa anche quel beneaugurante ramoscello di alloro bruciato nel falò del tradizionale Confeugo, celebrato al centro di un rinnovato spazio che può tornare ad essere di tutti e non più solo di quelle auto riconoscibili … da una sequenza di consonanti, di vocali, di  alcuni numeri e ancora lettere di colore nero in rilievo su fondo bianco.