Nell’articolo del mese scorso abbiamo spiegato come si è modificata la parte di Rapallo dove ora si trova via della Libertà. Questa volta ci spostiamo più a nord, oltre il casello autostradale, fino al nuovo ospedale. Ormai anche quest’area è pienamente urbanizzata, c’è l’ospedale, un grande posteggio al suo servizio, una centrale elettrica, la piscina, un meccanico per autocarri, tra questi diverse case di abitazione che risalgono a un’altra epoca. Su tutto incombe l’autostrada. Non vi è un ordine, come molte volte si vede nelle nostre città. Vediamo allora come siamo arrivati a questa situazione.
Non potremo usare la cartina settecentesca del Vinzoni, il cartografo non è arrivato a rappresentare il territorio della Serenissima Repubblica così lontano dal mare. Abbiamo invece la cartina militare del 1830, che arriva fin oltre il ponte della Vittoria, dove da via san Pietro parte la strada per Montepegli. É la nostra base del racconto, il punto da dove iniziamo. Nella carta del 1830 le case sono molto poche, raggruppate intorno alla cappella di Sant’Anna, un paio sul Poggiolino, e sopra verso la torre sopra la Cappelletta é disegnata distintamente la strada che attraverso Sant’Anna collega la costa a Santa Maria, passando per il ponte cosiddetto della Paglia, sul torrente San Pietro. La deviazione per San Pietro nella cartina non è dopo il ponte, come siamo sempre stati abituati a vedere, ma è prima, tra le case di Sant’Anna. É chiaramente l’attuale via Oggioni, dove c’è un ciclista. Prosegue sul tracciato di quella che è via Tre Scalini e, arrivati al torrente, c’è un guado. Prosegue sull’altra sponda tra i campi verso San Pietro (qua la cartina è solo abbozzata, non c’è la chiesa).
Usando documenti ottocenteschi possiamo osservare più da vicino il territorio. Nel 1878 venne costruita la strada carrozzabile che arrivava fino al ponte di Foggia. Abbiamo il decreto di esproprio di una parte del terreno dove ora si trova il parcheggio. Il proprietario venne indennizzato per il terreno espropriato e anche per un muretto a secco. Probabilmente la strada era fiancheggiata da un muro che delimitava la proprietà, come è in uso nelle nostre campagne, e non solo. Nelle prime pagine del romanzo i Promessi Sposi, che tutti conosciamo, descrivendo la strada che percorreva Don Abbondio la sera dell’incontro con i bravi, Manzoni scrive di “…strade e stradette, più o men ripide o piane; ogni tanto affondate, sepolte, tra due muri…”. Un paesaggio tipico dell’Italia prima dell’industrializzazione. Una curiosità, l’indennità per l’esproprio non venne pagata subito, ma dieci anni più tardi, nel frattempo, ogni anno veniva pagato un interesse del cinque per cento sulla somma.
Il terreno è indicato come seminativo, cioè vi si coltivava, e canneto. Per una descrizione più accurata dei terreni abbiamo un altro documento, un contratto di compravendita del terreno. L’atto è del 1871 e descrive una terra seminativa e alberata, precisando che si tratta di pioppi, salici, noci e fichi. Non quindi un campo o un prato. I salici, peraltro, c’erano ancora cinquant’anni fa. Come curiosità aggiuntiva, possiamo aggiungere che venne venduto per seimila lire.
Questi due documenti ci danno una immagine abbastanza precisa di come erano i nostri fondovalle prima dell’urbanizzazione, coltivati, ma anche arricchiti con alberi da frutta, o alberi che servivano per il lavoro in campagna (con i salici si legavano i filari e i tralci della vite).
Questi terreni erano coltivati da contadini che abitavano in collina; dove avevano un uliveto, ma per piantare ortaggi da consumare e vendere scendevano a valle. Perché la terra alluvionale è più adatta alle coltivazioni e poi c’era l’acqua per irrigare, prelevata dai pozzi che erano numerosi. Chi non aveva i soldi per comprarsi un terreno lo affittava. I terreni dove ora c’è l’ospedale erano della famiglia Spinola, divisi in grandi strisce che dalla strada arrivavano al bordo del torrente, ogni striscia era affittata a un contadino.
Dopo gli anni Ottanta dell’Ottocento, con la costruzione della strada carrozzabile lungo l’argine del torrente San Pietro, tutta l’area acquistò un aspetto che tale rimase fino agli anni sessanta e che mutò solo con la costruzione dell’autostrada.
Intanto, la guerra aveva portato anche qua le sue tragedie. Nella casa indicata con una freccia, il 25 gennaio 1944 un drappello di fascisti e tedeschi catturò Gilberto Severino, un industriale di religione ebraica che vi si era rifugiato. Severino venne deportato a Dachau e morì l’anno seguente. E nei primi giorni di novembre, sempre del 1944, un drappello di partigiani di Giustizia e Libertà scese dai monti percorrendo proprio questa strada per abbattere sul ponte di Sant’Anna un comandante della Brigate Nere.
L’autostrada fu il primo vero segno del cambiamento, perché portò con sé la deviazione di via San Pietro, che diventò un grande rettilineo, passando alle spalle dell’officina Iveco, e demolendo la casetta che era dove adesso si trova il drive-through per i tamponi.
Il resto, il campo sportivo Galotti, poi l’ospedale, la piscina, il parcheggio, sono vicende che conosciamo tutti e che hanno cambiato completamente e per sempre l’aspetto dell’area.
(Nella foto l’area intorno alla fine degli anni Cinquanta, con una freccia è indicata la casa dove venne prelevato Gilberto Severino nel 1944)